Del sesso e degli americani

L’America che si prepara al voto per le presidenziali sta mostrando volti inusitati, tanto che, come ha scritto Daniele Boille sulla rivista Internazionale a proposito del nuovo film di Ken Loach Daniel Blake (http://www.internazionale.it/opinione/francesco-boille-2/2016/05/15/cannes-ken-loach-blake-recensione ), i vecchi rappresentano il nuovo e giovani bianchi si innamorano di anziani socialisti come Bernie Sanders, e molti afro americani tutto sommato non disprezzano Donald Trump.

Giovani e politica, ma non solo. C’è anche il sesso

Qui alcune riflessioni e interrogativi che riflettono allo specchio le abitudini e i comportamenti  sessuali e sentimentali dell’America di oggi, con le dovute generalizzazioni di un paese che è un continente ma preferisce definirsi una nazione: uno statunitense si dice anzitutto americano e poi nomina lo stato in cui è nato o il paese da cui è emigrato (diversamente dalla cultura europea): be happy, live the present è l’imperativo, il sentire dominante. Tutto il contrario del sentire occidentale, influenzato dal relativismo, figlio di secoli di filosofie del “se”. Colpisce il bel saggio della columnist del New York Times Peggy Ornstein, Girls & Sex. Navigating the complicated new landscape, che ha indagato cosa accade nei college americani, tra le giovani donne della middle class. L’autrice ne ha intervistate 70, e ha parlato con loro dei comportamenti sessuali, dell’amore, delle aspettative. Quadro sconcertante, che mostra un universo in cui la maggioranza delle ragazze è distante quanto un oceano dalle culture hippy e pop delle loro madri e nonne. Il mondo dei college è dominato dalla gerarchia delle confraternite, dove vigono leggi e regole che collocano le più giovani in un gradino subalterno nei rapporti con l’altro sesso. E loro raccontano che non c’è mai una prima (e una seconda e una terza) volta senza alcol, che l’approccio ai rapporti sessuali è primariamente dettato dal “voglio farlo anche se non mi va perché così sarò considerata come le altre”, dal silenzio vergognato di percepire alcune prestazioni come umilianti (la fellatio o il sesso anale) perché non si conosce ancora abbastanza il proprio corpo, dal vivere la verginità ancora come un valore. Accanto a ciò, permane il desiderio del sogno d’amore, impastato malamente con il nuovo universo delle chat dei selfie porno, insomma del non sentirsi mai a proprio agio. Negli USA l’educazione sessuale è obbligatoria nelle scuole, dove si mostra agli studenti come si infila un profilattico correttamente, quali sono le norme igieniche e i rischi da evitare. C’è chi mostra una banana da “vestire”, chi usa più naturalisticamente un vibratore. E l’apparato genitale femminile? Esso viene mostrato con illustrazioni in cui si vedono chiaramente ovaie, utero e tube di Falloppio ma mai l’anatomia vaginale esterna: è come regalare alle ragazze e ai ragazzi una Barbie semi vestita con cui giocare. Ci sono poi (ma questo è tragicamente un fenomeno universale) in cui casi di stupro vengono scambiati per prestazioni sessuali solo un po’ più aggressive di come ci si aspettava che fossero. Su tutto impera la paura dello stigma, di non essere accettate dalla “comunità” se si dice no.

Come si è arrivati a tutto questo? Noi, donne e uomini che apparteniamo a generazioni venute prima, dobbiamo ringraziare anche l’America che ci ha regalato per prima Master e Johnson, la rivoluzione sessuale sposata all’emancipazione politica (chi ricorda Fragole e sangue, il film di Stuart Hagmann, che vinse la Palma d’Oro a Cannes nel 1970?), i primi movimenti omosessuali e transgender, Erica Jong e il suo Paura di volare, e via così. Quelle generazioni insegnarono ai loro genitori che esisteva un modo nuovo e differente di pensare le relazioni, di essere famiglia. Siamo forse oggi madri e padri più aperti, che accettano che un proprio figlio sia gay, ma non siamo stati capaci di trasmettere loro che il sesso può avere molte facce, non solo quella dell’amore, ma che è imperativamente e prima di ogni altra cosa quella del piacere?

Già. I più anziani, dicevamo della politica, ancora insegnano. Nel mondo della fiction, ormai imprescindibilmente legato al mondo letterario e cinematografico, arte a tutti gli effetti, due belle produzioni mostrano come si possa essere sessualmente attivi, disinibiti e coraggiosi anche a settanta anni. Il successo di Grace e Frankie, produzione Netflix con Jane Fonda, Lili Tomlin, Martin Sheen e Sam Waterston è strepitosa: magnificamente realizzata, racconta di due coppie i cui mariti dopo vent’anni decidono di annunciare alle loro mogli che si amano da tanto, che vogliono divorziare e risposarsi, con tutto ciò che ne consegue. Jane Fonda è una elegante wasp che fatica a superare lo choc, Lily Tomlin un ex-hippy che invece non ha paura di niente, soffre e fa uso di droga, dipinge la sua vagina per liberarsi da dolore. Le due finiranno per creare prodotti e giocattoli per il sesso adatti al pubblico ultra-maturo. Anche Transparent con Jeffrey Tambor, usa un efficace gioco di parole (mescolando il significato trasparente con genitore-parent trans) per raccontare di un genitore ebreo, docente di economia, divorziato da anni, che decide di fare outing e finalmente vivere la sua vita da travestito. In entrambe le serie colpisce che le difficoltà maggiori incontrate dai protagonisti sono quelle di spiegare ai figli “why”, dar loro conto, come ovvio, di cosa è successo ma allo stesso tempo subirne le reprimende morali.

E questo è uno dei pianeti America. Dall’altro, tra i tanti, c’è il mondo afro americano. Quello spavaldo, fiero di mostrare il proprio corpo come una icona, in cui le donne interagiscono con gli uomini usando il loro stesso modo di dire e fare, gli stessi slang. Tatuaggi e piercing, gioielli e occhiali scuri che rivendicano una storia vecchia di secoli, per molti aspetti difficile da superare per altri affascinante e complessa, come la racconta Chimamanda Ngozi Adichie in Americanah (Einaudi, 2014). E come la sta facendo esplodere nelle ultime settimane Beyoncé con il nuovo bellissimo album Lemonade. Nel video la cantante cammina in abiti vistosi e scosciati su tacchi vertiginosi, impugna una mazza da baseball e spacca automobili mentre sorride e canta Hold up (They don’t love you like I love you/ slow down/ I am a fuck up/ I am a bitch/ Look I am jealous I am crazy, dicono esplicitamente i versi). I fan sono impazziti, le femministe bianche inorridite, maestre come bell hooks, che nel suo blog ha denunciato come dietro la facciata spavalda e realizzata dell’artista si nasconde un asservimento maschilista e machista che non fa onore. La polemica è divampata: sul sito www.feministing.com  Lori Andelman (http://feministing.com/2016/05/11/a-feminist-roundtable-on-bell-hooks-beyonce-and-moving-beyond-pain/) ne ha riportato brani e commentato ampiamente. Scrive Andelman riportando un post: “This was her way and art is not intended to discuss such matters in absolutes. I imagine the same goes for Beyoncé’s ideas of feminism, the celebration of women, and femininity in general. bell hooks is free to continue feeling otherwise, but I’m glad the rest of us are not bound to”.

Condivido: Beyoncé non solo ha prodotto un album artisticamente rilevante: lei vuole parlare a un universo di donne che probabilmente non capiremo mai completamente, ma che va nondimeno visto, osservato con attenzione perché come ben sappiamo, mai come in questo momenti gli universi – reali, immaginari e virtuali – si incontrano, scontrano e soprattutto si mischiano. E le donne non hanno nessuna intenzione di restare indietro e vogliono farlo a modo loro, come le belle e spietate protagoniste della serie tv FOX, Empire dove, dopo 17 anni di prigione scontati per salvare il marito, Taraji P. Henson torna per prendere il potere della casa discografica hip hop del marito e comandare su tutto il clan familiare. Non manca nulla nella serie (nemmeno una sfolgorante e brava Naomi Campbell): figli gay, aborti, crimini e misfatti e, of course, tanta buna musica. Lei, che nella serie si chiama Cookie, indossa improbabili pellicce e parrucche, dice parolacce e ripete a chiunque la disturbi: bacia questo culo nero.

Già, il mondo cambia bell hooks: non tutti sono più così happy al giorno d’oggi e il sogno americano può trasformarsi in molti sogni che devono dividersi lo stesso spazio. E il sesso e l’amore non hanno mai avuto tante facce come ora.

Peggy Orenstein, Girls & Sex. Navigating the complicated new landscape, 325 pagine, Harper Press

Chimamanda Ngozi Adichie in Americanah (Einaudi, 2014)

Empire, FOX 2015/2016

Grace and Frankie, Netflix 2015/2016

Transparent, FOX 2015

Beyoncé, Lemonade, 2016