Living Pakistan/Una prece per Alfredo

L’italo americano Joe Bastianich dice spesso che il mondo si divide in due categorie: gli italiani e quelli che sognano di esserlo.

Una dichiarazione così suonerebbe supponente se Bastianich non fosse uno degli imprenditori del business del cibo tra i più famosi del mondo. E non c’è dubbio, al pari della Cina, che Italia è sinonimo di cibo ovunque si vada. Nulla di nuovo fin qui, se non per il fatto (per una volta fateci scrivere scrivere a favore delle/degli espatriati) che in alcuni paesi (come il Pakistan, in questo caso) qualche cuoco cinese si trova, quelli italiani molti meno.

In Pakistan posso affermare che ci sono solo due chef italiani: tutto il resto non è nemmeno una  pallida imitazione della cucina nostrana. Non parlo di piatti raffinati o elaborati ma di spaghetti al pomodoro, per esempio. La colpa non è di nessuno, se non di far credere ai poveri clienti dei ristoranti che quello che stanno per mangiare è la stessa pietanza che viene servita sulle tavole degli italiani.

Veniamo ad alcuni miti da sfatare assolutamente: Il primo merita più che una descrizione, piuttosto una prece in favore di Alfredo, l’inventore dei famosi spaghetti (o fettuccine, a seconda dell’umore di chi scrive il menu). Creati nel 1914 da un ristoratore romano (esiste ancora una trattoria che porta il suo nome) è uno dei piatti più semplici che si possa realizzare, condito con burro e parmigiano. Gli stranieri che venivano a Roma negli anni 50 se ne innamorarono e lo esportarono, per così dire…

Oggi gli spaghetti Alfredo sono presenti nei menu di tutto il pianeta, tranne che in Italia. Non solo, ma la descrizione del piatto che compare nei menu è frutto delle più sfrenate e perverse fantasie: ci sono pollo, uova, funghi, broccoli, panna e perché no, anche ketchup…Perché gli amici pakistani intendano, è come trovare del pesce nel riso byriani :)). Così per gli italiani in Pakistan diventa impossibile mangiare qualcosa per la quale si prova nostalgia, tranne che in un solo ed esclusivo luogo che non nomino per non fare pubblicità.

La mia amica R. e io siamo coraggiosamente andate alla ricerca di qualche possibile verità nei piatti italiani presenti nei menu dei ristoranti di Islamabad: nonostante le sue suppliche non ho ceduto. Così abbiamo assaggiato spaghetti al pomodoro così pepati da rendere incomprensibile la percezione dei sapori; pizze alte quanto una torta nuziale e ovviamente fettuccine Alfredo (e anche alla bolognese), su cui già abbiamo detto tanto. E anche alcune amenità linguistiche: sia chiaro, nessun rimprovero, anche in Italia nei ristoranti per turisti la traduzione dei menu in inglese a volte lascia a desiderare, ma “Pene-pasta” ci ha lasciate davvero sconcertate e non abbiamo avuto il coraggio di chiedere che aspetto avesse la pasta.

Morale: se siete italiani e non avete voglia di cucinare a casa fatevi invitare da qualche altro connazionale. Se siete pakistani o stranieri, mollate la cucina italiana, perché non è quello che mangerete qui. E infine, se siete ristoratori e sapete che i piatti italiani sono molto amati, supplicate un cuoco nostrano di venire a lavorare qui o a istruire una nutrita brigata pakistana di cuochi. Ve ne saremo per sempre grate.

Una prece, invero….