Uomini in cerca di…

Il post è apparso nel blog del Corriere della Sera La27Ora ( http://27esimaora.corriere.it/articolo/uomini-che-cambiano-se-ne-parla-in-una-rivista-di-donne/ )

È Ciao, maschi il titolo del nuovo numero della rivista Leggendaria, che non vuole essere un riferimento al drammatico film di Marco Ferreri che nel 1978 anticipava con reale crudeltà il declino del maschile che sarebbe esploso di lì a poco.

Quel ciao nel titolo di copertina sembra piuttosto un benvenuto: un’accoglienza ampia nelle pagine della rivista che lascia agli uomini  libero spazio di interrogarsi sul loro essere nella società italiana, nelle relazioni interpersonali e con il mondo e, naturalmente, con l’altro sesso.

«Un bisogno reciproco che nasce – sottolinea la direttrice Anna Maria Crispino – dalle moltiplicate e rinnovate esigenze provenienti dal mondo del lavoro, dai rapporti uomo-donna nelle nuove generazioni, nella necessità oramai ineludibile di registrare i cambiamenti che sono avvenuti e cercare nuove pratiche discorsive. Un nuovo vocabolario, direi piuttosto una rinnovata sintassi, che permetta di dialogare prima e costruire poi un nuovo modo di essere dentro la contemporaneità. Senza dimenticare che i generi sono più di due e che i nuovi modelli spingono anche a rivedere-ristrutturare dialogo e comunicazione».

E non sarebbe potuto essere diversamente: gli uomini dell’associazione Maschile Plurale (nello specifico qui Stefano Ciccone e Alberto Leiss) partono dalla politica, dalla crisi della rappresentanza (che pare invero dissolta nella prospettiva femminista della parità e delle politiche di genere), da quello che è sempre stato il luogo deputato all’esercizio pubblico del potere maschile. E da una loro presa di coscienza: la necessità di mutuare dalla pratica delle donne un nuovo modo di dialogare, «condividere lo sguardo critico sulla mascolinità», toccando argomenti di non poco conto, come la crisi della politica, la violenza contro le donne, l’«evaporazione del padre».

Parlano infatti di «pratica della parola» (e mi perdonino gli uomini in questione se il linguaggio sembra ancora mutuato da quello del dialogo dei femminismi, ma non disperiamo…). Una pratica che, come per il femminile, deve slegarsi una volta e per tutte dalla rappresentazione degli stereotipi maschili costruiti intorno alle società, alle immagini mediatiche, che troppo a lungo li hanno visti dominanti e lottatori, flaneurs (Mario Simoncini li definisce così quando parla del desiderio maschile), e oggi appaiono da Oriente a Occidente perdenti, smarriti, arrabbiati e violenti (è sempre Leiss che cita il protagonista del romanzo di Houellebecq Sottomissione, Bompiani, 2015: «Io non sono per assolutamente niente, lo sai, ma il patriarcato aveva il merito minimo di esistere, nel senso che in quanto sistema sociale perseverava nel proprio essere, c’erano famiglie che mettevano al mondo figli e riproducevano all’incirca lo stesso schema, e insomma, funzionava: ora invece non ci sono abbastanza figli, quindi è finita»).

Parlare per tornare al rapporto con il maschile-paterno, citando numerosi testi, tra cui quello di Massimo Recalcati (Cosa resta del padre, Raffaello Cortina, 2013), il padre simbolico, la relazione dei nuovi padri con i nuovi figli/figlie. E anche della «Fatherless society» citata da Luisa Stagi, che si rifà alle icone del maschile nel cinema, o della «cultura del testosterone», che la senatrice Celeste Costantino (intervistata da Barbara Bonomi Romagnoli) vede ancora nella politica del quotidiano.

E noi donne come li vediamo codesti uomini in mutamento? C’è chi li accoglie, soprattutto quando si tratta di interloquire sui temi della violenza, della ineludibile necessità che gli uomini parlino con gli altri uomini della tragedia trasversale e del desiderio distorto che la anima; ci sono i gruppi di donne che ancora preferiscono la pratica separatista e chi, come Barbara Mapelli, vede all’orizzonte presente la necessità che «l’uomo nero e l’uomo buono» finalmente si incontrino per lavorare alle zone d’ombra del maschile («Solo affrontando (anche) l’ombra dell’altro uomo, il desiderio di un uomo verso una donna può sperare di farsi almeno un po’ libero», Sergio Manghi).

Insomma, il lavoro non manca. E noi donne? Pensavamo, per chi come me è entrata nella terza età, che forse un po’ di respiro nella tarda maturità ci sarebbe stato concesso ma no, restiamo in finestra e nemmeno dietro i vetri, chi osservando chi accompagnando, la stesura dei nuovi lemmi del simbolico maschile.