Living Pakistan/ Un piatto sempre troppo pieno

 

Tutto è nato una sera a cena nel ristorante di un hotel: la gente ordinava più cibo di quanto ne potesse mangiare, l’offerta era più ricca di quanto ce ne fosse realmente bisogno. E’ così che  Sayyeda Zoone Abbas e la sua famiglia hanno cominciato a pensare all’enorme spreco di cibo che affligge il Pakistan come il resto del mondo, e la conseguente disuguaglianza nella distribuzione dello stesso.

A Sayyeda i genitori hanno chiesto di finire gli studi prima di aiutarla a far nascere Tha-li (che in urdu significa appunto piatto; www.thali.org.pk), l’organizzazione che dal 2007 lavora a Islamabad e Rawalpindi per raccogliere le eccedenze di cibo e distribuirle a chi ne ha bisogno. I primi a essere stati contattati sono stati ristoranti e fast food: difficile ottenere cibo da questi, non per mancanza di generosità, ma perché ogni compagnia ha policies differenti e anche donare è una procedura burocratica. Le eccezioni per fortuna sono ovunque e qualche manager di ristorante in cambio dell’anonimato si è preso la responsabilità di donare l’eccedenza di cibo.

La prima regola di Tha-li è assaggiare in prima persona prima di distribuire e le regole sono ferree: sia perché durante l’estate e con la cronica carenza di energia elettrica in tutto il paese non è possibile donare latte, yogurt o legumi; e anche perché i supermercati (che in molti altri paesi sono attivamente coinvolti nella distribuzione del cibo in eccedenza, vedi la recente legge francese) in Pakistan hanno la brutta abitudine di apporre una nuova etichetta al cibo scaduto così da poterlo rivendere in barba alla legge. Quindi il cibo viene raccolto dai privati (che per esempio avvisano Tha-li quando terranno un banchetto di nozze, così che loro possono essere pronti per la raccolta), o preparato in prima persona e distribuito a Rawalpindi o in alcune scuole pubbliche della capitale, dove i bambini non pagano per frequentare ma non ricevono i pasti.

Col tempo i migliori sponsor sono diventati proprio loro, i bambini. Sayyeda e suo marito (che ora lavora con lei) hanno capito che educare alla parsimonia e combattere lo spreco non può che partire dall’educazione e quindi hanno aggiunto alle loro attività gli incontri nelle scuole primarie e ora gli stessi studenti insegnano ai loro genitori come impacchettare il cibo avanzato a casa o semplicemente metterne meno nel piatto.

Il lavoro, ancora, non si ferma qui. C’è la distribuzione di cibo e bevande a chi lavora di notte nelle strade o assiste i parenti in ospedale giungendo da lontano, la distribuzione di alimenti per famiglie così che possano sopravvivere un intero mese; la raccolta fondi, il volontariato attivo e la CSR (Corporate Social Responsibility), ovvero il coinvolgimento di aziende private nella promozione di attività sociali. Per Thali lo ha fatto una grande compagnia di telecomunicazione, ma il Pakistan è ancora lontano da capire che le campagne sociali sono un attimo investimento per le aziende, soprattutto per il ritorno di immagine. Ora Syyeda punta alle grandi organizzazioni, come la FAO e alle politiche di governo, perché l’equa distribuzione del cibo diventi una delle priorità del parlamento nella lotta alla ingiustizia sociale. E durante in mese di Ramadan il lavoro certo non manca.

Ps. In Pakistan non esistono dati relativi allo spreco di cibo sulle tavole delle famiglie o nei luoghi pubblici. Ma i soli numeri relativi alle tonnellate di cibo sprecato annualmente durante la raccolta o il trasporto, fanno riferimento a molte tonnellate l’anno, secondo il WFP (World Food Program). Più specificamente la Institution of Mechanical Engineers parla del 16% del raccolto perso ogni anno, pari a 3.2. milioni di tonnellate (dati 2013).

Ps2. Nel paese non ci sono politiche adeguate e tantomeno si affronta il problema della ridistribuzione del cibo in eccesso come tema educativo. Questo video è stato prodotto in Irlanda e sarebbe una utile buona pratica se fosse adottato anche in Pakistan: https://www.facebook.com/helnevideo/videos/1415500125440851/?pnref=story.